7 febbraio 2015

Jeff the Killer [in italiano] - Creepypasta (ep. 5)




Stralcio di un giornale locale: 

PERICOLOSO ASSASSINO ANCORA A PIEDE LIBERO.

Il killer responsabile dei numerosi omicidi avvenuti nelle ultime settimane è ancora all’opera. Dopo alcune ricerche, si è fatto avanti un ragazzo che afferma di essere sopravvissuto a un attacco del killer e ha deciso coraggiosamente di raccontare la sua storia:
“Stavo facendo un brutto sogno e mi sono svegliato nel bel mezzo della notte. Ho notato che, per qualche motivo, la finestra era aperta, anche se ricordavo perfettamente di averla chiusa prima di andare a letto. Mi sono alzato e l’ho richiusa ancora una volta. Quindi mi sono rimesso a letto e sperando di riaddormentarmi.
È stato in quel momento che ho avuto una strana sensazione, come se qualcuno mi stesse spiando. Mi sono guardato intorno e per poco non saltavo fuori dal letto: nel raggio di luce che filtrava dalle tende c’erano un paio di occhi. Non erano occhi normali, erano scuri e minacciosi. Erano cerchiati di nero e… mi facevano estremamente paura. Poi ho visto la bocca. Un largo, orrendo sorriso che mi fece rizzare ogni pelo che avevo sul corpo. La figura stava lì, guardandomi. Poi, dopo quello che sembrò un tempo infinito, pronunciò una sola frase. Una frase semplice, ma detta come solo un pazzo potrebbe fare:
"Torna a dormire"
Urlai, e forse fu quello che lo attirò verso di me.
Tirò fuori da non so dove un coltello, puntandomelo al cuore. Saltò sul mio letto. Combattei. Provai a respingerlo con pugni e calci. Rotolai sulla schiena nel tentativo di levarmelo di dosso. Fu in quel momento che entrò mio padre, impugnando la sua pistola. Mirò all’uomo, ma prima che potesse premere il grilletto, quello scivolò di lato e lanciò il coltello in direzione di mio padre. Lo colpì alla spalla e lui lasciò cadere la pistola. Probabilmente, se un nostro vicino non avesse chiamato la polizia, l’uomo avrebbe ucciso mio padre a coltellate.
Gli agenti entrarono di corsa nel cortile, ma l’uomo li sentì prima che potessero raggiungere l’ingresso, perciò si voltò e corse in soggiorno. Sentimmo un forte colpo, come di vetri rotti. Quando corsi fuori dalla mia stanza, vidi la finestra che dava sul retro a pezzi. Mi avvicinai velocemente, in tempo per scorgere l’uomo che svaniva in lontananza. Non dimenticherò mai quella faccia. Gli occhi malefici e freddi, il sorriso di uno psicopatico. Non svaniranno mai dalla mia mente.”

La polizia è ancora sulle tracce del criminale. Se vedete qualcuno che corrisponde alla descrizione, contattate il dipartimento di polizia locale.


Jeff e la sua famiglia si erano appena trasferiti in un nuovo quartiere. Suo padre aveva ricevuto una promozione a lavoro, e i suoi genitori decisero che sarebbe stato meglio vivere in un posto più vicino all’ufficio del padre. Jeff e suo fratello Liu non poterono opporsi. Una nuova, bellissima casa che non sarebbero riusciti ad amare. Mentre erano impegnati a disfare le valigie, arrivò una vicina di casa.
“Salve,” disse lei, “sono Barbera, abito dall’altra parte della strada. Volevo solo darvi il benvenuto e presentarvi mio figlio.”
Si girò e chiamò il ragazzo. “Billy, questi sono i nostri nuovi vicini.”
Billy sussurrò un timido ‘ciao’ e scappò a giocare nel suo giardino.
“Piacere,” disse la mamma di Jeff, “Io sono Margaret, e questo è mio marito Peter, e loro sono i miei due figli, Jeff e Liu.”
Si presentarono anche loro, e Barbera li invitò al compleanno di suo figlio. Jeff e Liu stavano per obiettare, quando la loro madre disse che a loro avrebbe fatto molto piacere. Quando finirono di disfare i bagagli, Jeff andò da sua madre.
“Mamma, perché hai accettato l’invito al compleanno di quel bambino? Se non l’hai notato non sono più un poppante a cui piace giocare con le macchinine!”
“Jeff, ci siamo appena trasferiti. Dobbiamo fare vedere che siamo disposti a passare un po’ di tempo con i vicini. Quindi  andremo a quel compleanno, non si discute.”
Jeff fece per dire qualcosa, ma si fermò prima che qualsiasi suono potesse uscire dalla sua bocca, sapendo che non poteva fare nulla. Quando sua mamma decideva qualcosa era inutile ribattere. Si rifugiò in camera sua e si buttò a peso morto sul letto.
Era lì, che fissava il soffitto, quando improvvisamente si sentì invaso da una strana sensazione. Non era dolore…. Era solo una strana sensazione. La considerò solo una cosa passeggera e casuale. Udì sua madre che lo chiamava dal soggiorno, e uscì dalla stanza per andare a prendere le sue cose.

Il giorno dopo Jeff scese mollemente giù dalle scale, per fare colazione e prepararsi per la scuola. Quando si sedette al tavolo, provò di nuovo quella sensazione. Questa volta era più intensa, e provò un leggero dolore al petto. Anche stavolta lo ricondusse al fatto di essersi svegliato presto.
Jeff e Liu, finita la colazione, si diressero verso la fermata dell’autobus.
Si sedettero aspettando il mezzo di trasporto quando improvvisamente un gruppetto di ragazzi con lo skateboard schizzò sopra di loro, a un pelo dalle loro teste. Entrambi fecero un salto per la sorpresa.
“Hei, ma che diavolo…?”
I ragazzi atterrarono agilmente e si girarono. Uno di loro, sembrava fosse il capo, diede un colpetto allo skate col piede e lo afferrò al volo. Il ragazzo sembrava avere dodici anni, circa uno in meno di Jeff. Indossava una maglietta mimetica e un paio di jeans tutti sporchi.
"Bene, bene, bene. Sembra che abbiamo della carne fresca."
Improvvisamente apparvero altri due ragazzi. Uno era magrissimo, l'altro era enorme.
"Visto che siete nuovi, vorrei presentarvi agli altri, lì c'è Keith."
Jeff e Liu guardarono il ragazzo magro. Aveva una faccia inebetita, quello che ci si aspetta da una spalla.
"E lui è Troy."
Si voltarono verso il ragazzo grasso, simile a una palla di lardo. Sembrava che non facesse esercizio fisico da quando era uscito dalla culla.
"Ed io sono Randy. Ora, per tutti i ragazzini del vicinato c'è una piccola tassa per la tariffa del bus, non so se mi spiego."
Liu si alzò, pronto a prendere a pugni il ragazzo, quando i due suoi amici gli puntarono contro un coltello.
"Speravo che sareste stati più cooperativi, ma sembra che dovremo usare le maniere forti."
Il ragazzo camminò verso Liu e gli prese il portafogli dalla tasca. Jeff sentì di nuovo quella sensazione, ma quella volta era davvero forte, una sensazione bruciante. Si alzò, ma Liu gli fece cenno di sedersi. Jeff lo ignorò e andò verso Randy.
"Ascoltami bene, teppistello, restituisci immediatamente indietro il portafogli a mio fratello, altrimenti..."
Senza minimamente badare a lui, Randy prese il portafogli, se lo mise in tasca e tirò fuori un coltello.
"Oh? E cosa farai?"
Quando finì la frase, Jeff gli diede un pugno sul naso. Appena fece per tenersi la faccia, Jeff gli prese il polso e glielo spezzò. Randy urlò e Jeff gli tolse il coltello dalla mano. Troy e Keith caricarono Jeff, ma fu troppo veloce.
Gettò Randy per terra. Keith si scagliò verso di lui, ma Jeff lo evitò e lo pugnalò nel braccio. Keith perse il suo coltello e cadde a terra urlando. Anche Troy si scagliò contro di lui, ma a Jeff non servì nemmeno il coltello. Semplicemente gli diede un pugno dritto nello stomaco, mettendolo KO. Appena toccò  terra iniziò a vomitare. Liu si limitò a fissare Jeff, stupefatto.
"Jeff, come stai?" disse soltanto. Videro arrivare l'autobus e capirono che sarebbero stati accusati di tutto. Quindi iniziarono a correre più veloce possibile. Mentre si allontanavano, guardarono indietro e videro l'autista correre verso Randy e i suoi.
Appena Jeff e Liu arrivarono a scuola, non osarono raccontare nulla di cosa era successo. Tutto quello che fecero, fu sedersi e ascoltare la lezione. Liu ripensava a come suo fratello aveva picchiato quei bulli ma Jeff sapeva che c'era dell'altro.
Era qualcosa di spaventoso. Quando percepiva quella sensazione, si sentiva potente, aveva solo bisogno di far del male a qualcuno. Non era una cosa bella da pensare, ma lo aiutava a sentirsi felice.
Ben presto sentì quella strana sensazione svanire e per il resto della giornata fu tranquillo.
Persino mentre camminava verso casa, ripensando agli eventi accaduti vicino alla fermata dell'autobus che non avrebbe più preso, si sentiva felice.

Quando arrivò a casa i suoi genitori gli chiesero come fosse andata la giornata, e lui rispose, con una voce un po’ inquietante, "E' stata una giornata magnifica". La mattina seguente sentì qualcuno bussare alla porta di casa. Scese e incontrò due agenti di polizia alla porta. Sua madre sembrava molto arrabbiata.
"Jeff, questi due agenti mi hanno detto che hai aggredito tre bambini li hai accoltellati. Accoltellati, ti rendi conto?"
Lo sguardo di Jeff si abbassò sul pavimento, confermando alla madre che era tutto vero.
"Mamma, sono stati loro quelli che hanno puntato un coltello contro me e Liu."
"Figliolo" disse un agente, "abbiamo trovato tre ragazzini, due accoltellati e uno con un livido sullo stomaco. Abbiamo dei testimoni che provano che tu sei fuggito dal luogo. Ora, che hai da dire in tua difesa?"
 Jeff sapeva che era inutile. Avrebbe potuto dire che lui e Liu erano stati minacciati, ma non c'erano prove che fossero stati i teppisti a iniziare.
"Ragazzo, chiama tuo fratello." Jeff non voleva farlo, visto che era stata tutta colpa sua.
"Signore, sono... sono stato io. Sono stato io l'unico a picchiare i ragazzi. Liu ha provato a trattenermi, ma non ci è riuscito."
L'agente guardò il collega ed entrambi annuirono.
"Bene, ragazzo, sembra che un anno a Juvi..."
"Fermi!" disse Liu brandendo un coltello. Gli agenti estrassero le loro pistole e le puntarono contro di lui.
"Sono stato io a picchiare quei teppistelli. Ne ho le prove." Alzò le sue maniche rivelando tagli e lividi, come se avesse lottato.
"Ragazzo, abbassa il coltello." disse l'agente. Liu lasciò il coltello e lo fece cadere per terra. Alzò le mani a si avviò verso i poliziotti.
"No Liu, sono stato io, l'ho fatto io!" Jeff aveva le lacrime che gli scivolavano sul volto.
"Caro fratello, voleva prendersi la colpa per quello che ho fatto. Portatemi via."
I poliziotti condussero Liu alla loro macchina.
"Liu, diglielo che sono stato io! Diglielo! Sono stato l'unico a picchiare quei ragazzi!"
La madre di Jeff gli mise le mani sulle spalle.
"Jeff, per favore, non devi mentire. Sappiamo che è stato Liu, smettila."
Jeff assistette impotente mentre la macchina della polizia si allontanava. Qualche minuto dopo, il padre di Jeff arrivò nel viottolo e vedendo la faccia di Jeff capì che era successo qualcosa di brutto.
"Figliolo, figliolo che c'è?"
Jeff non riusciva a rispondere. Le sue corde vocali erano affaticate per il pianto. La madre di Jeff andò dal padre per dargli la cattiva notizia, e Jeff si abbandonò sul viottolo e si rimise a piangere. Dopo circa un’ora Jeff rientrò in casa, evitando gli sguardi affranti dei suoi genitori, entrambi sconvolti, tristi e delusi.
Non riusciva a guardarli. Non riusciva a immaginare cosa pensassero i suoi genitori di Liu, quando in fondo... era colpa sua. Andò subito a letto, cercando di non pensare agli ultimi avvenimenti.

Passarono due giorni e non arrivò nessuna notizia di Liu dal carcere. Jeff non aveva nessun amico da frequentare. Era rimasto solo con la tristezza e i sensi di colpa.
La situazione non cambiò fino a sabato, quando sua madre lo svegliò con un grande sorriso stampato in faccia.
"Jeff, è oggi" disse lei, aprendo le tende e permettendo alla luce di entrare nella camera.
"Cosa? Cosa c'è oggi?", chiese Jeff stiracchiandosi.
"Ma come? Il compleanno di Billy!".
Jeff si svegliò completamente. "Mamma, stai scherzando? Non penserai che andrò a una festa di compleanno dopo quel che...".
Seguì una lunga pausa.
"Jeff, sappiamo entrambi cosa è accaduto. Perciò penso che questa festa potrebbe farti bene. E ora, vestiti". La madre di Jeff uscì dalla stanza per andare a prepararsi.
Jeff, combattendo contro se stesso, riuscì finalmente ad alzarsi. Mise una maglia a caso, un paio di jeans e scese di sotto. Lì trovò sua madre e suo padre entrambi in abiti eleganti: sua madre in un lungo vestito da sera e suo padre in giacca e cravatta. Non riusciva a capire che senso avesse vestirsi in un modo tanto vistoso per andare compleanno di un bambino.
"Vuoi andare alla festa vestito così?", chiese la madre di Jeff.
"Siete voi quelli esagerati!", rispose lui, indicando i suoi genitori. Sua madre represse l'impulso di rimproverarlo e lo nascose dietro un sorriso.
"Jeff, noi potremo aver un po' esagerato, ma è così che si va a una festa per fare buona impressione", tagliò corto suo padre. Jeff sbuffò e si tornò in camera sua.
"Non ho vestiti buoni!", gridò salendo le scale.
"Sbrigati!", rispose sua madre.
Jeff ispezionò il suo armadio, cercando qualcosa di elegante da indossare. Trovò un paio di pantaloni neri che teneva per le occasioni speciali e una canottiera. Tuttavia, non riuscì a trovare una camicia da abbinarci. Cercò dappertutto, ma trovò solo camicie a quadri o a strisce e nessuna che potesse abbinarsi ai pantaloni. Alla fine, trovò una felpa bianca buttata su una sedia e decise di indossarla. Scese giù e trovò i suoi genitori già vestiti.
"Davvero vuoi venire così?", chiesero all'unisono. Sua madre diede un'occhiata all'orologio. "Oooh, non c'è tempo per cambiarsi. Andiamo e basta".
Detto questo, spinse Jeff e suo padre fuori casa. Attraversarono la strada per andare alla casa di Barbera e Billy. Bussarono alla porta e poco dopo apparve Barbera, vestita troppo elegante come i suoi genitori. Entrati, riuscirono a vedere solo adulti. Neanche un bambino.
"I bambini sono fuori nel giardino, Jeff. Perché non vai da loro?", disse Barbera.
Jeff uscì nel giardino e vide che era pieno di bambini che correvano vestiti con dei costumi da cowboy, sparandosi con pistole giocattolo. Per un attimo pensò di essere finito sul set di Toy Story, o qualcosa del genere. Poi un bambino gli si avvicinò e gli porse una pistola giocattolo e un cappello da cowboy.
"Hey, signoue! Vuoi giocaue?", gli chiese.
"Aah, no... Sono troppo grande per queste cose".
Il bambino lo guardò con un faccino da cagnolino abbandonato.
"Per favoue?", insistette il bambino. "Ok, ok...", rispose Jeff. Mise il cappello e cominciò a far finta di sparare ai bambini.
All'inizio tutto questo gli sembrò terribilmente ridicolo, ma poi iniziò a divertirsi davvero. Poteva non essere un gioco molto intrigante, ma fu la prima volta che riuscì a togliersi Liu dalla mente. Così giocò con i bambini per un po'.
Finché non sentì un rumore. Il rumore di piccole ruote da skateboard. Improvvisamente capì e si girò di scatto, appena in tempo per vedere Randy, Troy e Keith saltare oltre la staccionata con i loro skateboard. Jeff buttò via la pistola giocattolo e si tolse il cappello. Randy lo guardava con odio profondo.
"Ciao. Jeff, giusto?", disse. "Abbiamo dei conti in sospeso".
Jeff notò il naso ferito. "Mi sembra che siamo pari. Io ti ho preso a calci in culo e tu hai fatto mandare mio fratello in carcere".
La faccia di Randy si contrasse in un'espressione di rabbia.
"Oh, no! Non m’interessa pareggiare, io voglio vincere. Potresti averci preso a calci in culo quel giorno, ma non lo farai oggi".
Detto questo, Randy si lanciò contro Jeff. Caddero entrambi a terra. Randy tirò un pugno sul naso di Jeff, che a sua volta lo afferrò dalle orecchie e gli diede una testata. Spinse via Randy e si rimisero entrambi in piedi. I bambini urlavano e i genitori si precipitavano a portarli fuori dalla casa. Troy e Keith estrassero due pistole dalle loro tasche.
"Nessuno s'intrometta o vi facciamo saltare la testa!", gridarono. Randy estrasse un coltello e pugnalò Jeff alla spalla.
Jeff urlò e cadde in ginocchio. Randy cominciò a prenderlo a calci in faccia. Dopo tre calci, Jeff riuscì ad afferrargli il piede e lo torse, facendo cadere Randy a terra. Si rialzò e cercò di entrare in casa.
Troy lo afferrò. "Serve una mano?".
Tirò Jeff per il retro del colletto e lo lanciò contro la porta del patio, distruggendola. Mentre Jeff tentava di rialzarsi, fu nuovamente atterrato con un calcio. Randy continuò a prenderlo a calci finché non cominciò a uscirgli sangue dalla bocca.
"Forza, Jeff! Combatti!". Afferrò Jeff e lo lanciò in cucina. Randy trovò una bottiglia di vodka e la ruppe sulla testa di Jeff.
"Combatti!". Rilanciò Jeff nel salotto.
"Dai Jeff, guardami!". Jeff guardò in alto, la faccia ricoperta di sangue.
"Io sono stato quello che ha mandato tuo fratello in carcere!
E ora tutto quel che riesci a fare è restare seduto qui e lasciarlo marcire lì per un anno intero?! Dovresti vergognarti!".
 Jeff si rialzò lentamente.
"Oh, finalmente! Ora combatti!".
Jeff era di nuovo in piedi, completamente ricoperto di sangue e vodka. Di nuovo quella strana sensazione, quella che non provava da un po' di tempo.
"E cazzo! Finalmente sei in piedi!", disse Randy poco prima di fiondarsi contro Jeff.
Accadde in quel momento. Qualcosa si ruppe per sempre dentro Jeff. La sua psiche era andata; il pensiero razionale era andato. Tutto ciò che poteva fare ora era uccidere. Afferrò Randy, lo sollevò e lo abbatté al suolo. Si mise sopra di lui e iniziò a colpirlo con tutta la forza direttamente sul cuore. I pugni provocarono un arresto cardiaco a Randy. Mentre questo cercava di respirare disperatamente, Jeff lo colpiva con sempre maggiore forza. Pugno dopo pugno, Randy cominciava a tossire sangue e dopo aver preso un ultimo respiro, reclinò la testa sulla destra e morì.
Tutti guardavano Jeff. I genitori, i bambini piangenti, anche Troy e Keith. Si ripresero presto dallo shock e puntarono le pistole contro Jeff. Ma lui l'aveva previsto e si era già lanciato verso le scale. Troy e Keith gli spararono contro, ma neanche un colpo raggiunse Jeff. Corse su per le scale, seguito da quei due. Dopo che entrambi ebbero sprecato i loro ultimi colpi, Jeff trovò rifugio in bagno e si accucciò. Afferrò una sbarra di ferro e la staccò dal muro. Troy e Keith si lanciarono dentro con i coltelli pronti.
Troy cercò di colpire Jeff, che però lo evitò e gli spaccò il cranio con la sbarra.
Troy cadde a terra, e non si rialzò più.
Rimaneva solo Keith. Era più agile di Troy ed evitò il colpo di Jeff. Gettò via il coltello e lo afferrò dal collo. Lo spinse contro il muro. Dallo scaffale sopra di loro cadde improvvisamente una confezione di candeggina che si sparse su di entrambi. Si sentirono come se stessero andando a fuoco e si misero a urlare. Jeff si ripulì gli occhi meglio che poté. Riprese la sbarra e la spaccò sulla testa di Keith. Quello, nonostante stesse morendo dissanguato, si mise a ridere.
"Che c'è da ridere?" chiese Jeff.
Keith, tirando fuori dalla tasca un accendino, lo accese.
"Vedi.... è che dopotutto.... ora sei completamente coperto di candeggina e vodka."
Jeff spalancò gli occhi, spaventato, e Keith gli tirò contro l'accendino. Non appena la fiamma entrò in contatto con lui il fuoco divampò veloce, avvolgendo il suo corpo inzuppato. La candeggina reagiva sfrigolando e corrodendo la pelle, che assumeva sempre più un colorito biancastro. Appena il fuoco raggiunse i capelli, Jeff lanciò un urlo.
Non servì a nulla rotolarsi per terra, cercando in ogni modo di spegnere quell'inferno che gli stava consumando il corpo, così corse giù per il corridoio e cadde dalle scale.
Tutti incominciarono a urlare vedendo il ragazzo in fiamme, finché non si accorsero che si trattava di Jeff e cercarono di spegnere il fuoco in ogni modo. L'ultima cosa che vide, prima di cadere a terra quasi morto, fu suo padre che urlava frasi incomprensibili, che sfumavano piano piano nel nulla....




Jeff si svegliò.
Si chiese dove fosse, non riusciva a vedere nulla, come se una benda coprisse i suoi occhi.
Fece per togliersela, ma una fitta lancinante lo assalì in ogni parte del corpo, riportando alla mente tutto l'accaduto.
Dove si trovava?
Cercò di alzarsi in piedi tra i dolori e avvertì diversi punti di sutura praticamente in tutto il corpo.
Era... era all'ospedale? Era vivo?
All'improvviso un infermiere entrò nella stanza.
"Non credo proprio che sia il caso di alzarti. Ritorna a letto." disse mentre lo aiutava a distendersi di nuovo sul letto e gli controllava le bende.
Jeff rimase seduto lì, senza poter vedere. Non aveva ancora idea di dove fosse esattamente.
Dopo alcune ore, venne a fargli visita sua madre.
"Tesoro, stai bene?"
Tentò di rispondere ma la bocca rimase immobile.
"Comunque, ho una buona notizia: la polizia ha detto che Keith ha confessato di aver cercato di farti del male, così hanno deciso di rilasciare Liu. Sarà fuori domani pomeriggio.... Così potrete stare ancora insieme, voi due."
Nelle settimane successive Jeff fu visitato dalla famiglia al completo. Arrivò infine anche il giorno in cui avrebbe dovuto togliere le bende dal viso, ed erano tutti presenti, per scoprire se avrebbero potuto rivedere il vecchio Jeff. Aspettarono con il fiato sospeso fino a quando l'ultimo lembo di benda rimaneva a coprire il volto.
"Speriamo per il meglio" disse il medico, e scoprì il viso di Jeff.
Sua madre lanciò un urlo appena lo vide. Persino suo padre e Liu rimasero di sasso.
"Si può sapere che è successo alla mia faccia?" chiese ansiosamente Jeff. Poiché nessuno gli rispondeva, si precipitò in bagno e si mise davanti allo specchio.
La sua faccia..... era.... diversa. Le labbra erano state bruciate, e al loro posto c'era una sottile linea rossa come la carne.... il suo viso, a causa della candeggina era impallidito completamente e sbiancato a chiazze lungo la parte superiore della fronte e delle guance. Perfino i suoi capelli, in buona parte bruciati, erano passati dal castano ad un nero simile al carbone.
Lentamente si portò la mano al viso.
Al tatto era insensibile, come se stesse toccando del cuoio indurito.
Fissò la sua famiglia, e poi nuovamente lo specchio.
"Beh..." cercò di formulare Liu "N-non è così.. male..."
"Non è così male?" rispose Jeff... "E'... PERFETTO!"
La sua famiglia si stupì a queste parole, mentre Jeff cominciò a ridere incontrollabilmente, senza riuscire a smettere.
"Jeff... stai... bene?" Chiese sua madre.
"Bene? BENE? Non mi sono mai sentito più perfetto in vita mia! Ahahahahahah insomma.... guarda! Guarda il mio viso! Questo... sono io! E' perfetto!" e continuando a ridere si accarezzava il viso, guardandosi nello specchio.
Qualcosa era cambiato nella sua mente. Non era più il Jeff che i suoi genitori conoscevano, ma qualcosa di diverso. Ma questo non lo sapevano ancora.
"Dottore...." sussurrò sua madre "Mio figlio è ancora a posto.... capisce... mentalmente?”
"Credo proprio di sì. Questo è un comportamento tipico di pazienti che hanno assunto una grande dose di antidolorifici. In ogni caso, se il suo comportamento non cambia nel giro della settimana, lo riporti qui e gli faremo un test psicologico."
"Oh, grazie dottore." e rivolta a Jeff: "Coraggio, tesoro. Torniamo a casa."
Questi distolse lo sguardo da se stesso e rispose "Okaaaaaay! ahahhahahah....".
Sua madre gli pose una mano sulla spalla e lo accompagnò a prendere i suoi vestiti.
"Questo è ciò con cui è venuto" disse la signora al bancone, porgendo i pantaloni di seta e la felpa con il cappuccio di Jeff. Sua madre, mentre lo aiutava ad indossarli, notò che erano stati perfettamente ricuciti e puliti dal sangue e dalla cenere. Sembravano quasi.... normali.

Quella notte la madre di Jeff si svegliò... c'era un suono fastidioso, che proveniva dal bagno.
Pensando che Jeff o Liu si fossero sentiti male o qualcosa del genere si precipitò giù dal letto e si diresse velocemente davanti alla porta del bagno. Sembrava come se qualcuno stesse piangendo o.... ridendo?
Aprì lentamente la porta del bagno....
Ciò che vide fu orrendo.
Jeff era là, davanti allo specchio. C'erano macchie di sangue ovunque... e nell'aria un forte odore di bruciato.
All'improvviso quello si voltò.
Aveva preso un coltello e si era inciso un lungo sorriso lungo le guance... e i suoi occhi erano cerchiati di nero e sangue.
"Jeff! C-cosa... COSA STAI FACENDO??? I... I tuoi occhi??"
" Non riuscivo a vedere la mia faccia." rispose normalmente "Ero stanco.... E le palpebre si chiudevano. Ora non lo faranno mai più. Le ho bruciate."
"M-ma..."
"Ti piace il mio sorriso? Prima... Prima non riuscivo a sorridere. Faceva male dopo un po'... Faceva.. Male. Ora sto sorridendo. Guardami."
La madre di Jeff cominciò a indietreggiare. Quella.... Cosa... Davanti a lei non era suo figlio. Ne aveva paura.
Questo sembrò turbare Jeff.
“Cosa c'è mamma? Non ti piaccio? Non mi trovi bello?"
"S-sì... Figliolo... Lo sei" disse. "L-lascia che chiami anche... Anche tuo papà, così faremo vedere la tua... L-la tua nuova faccia anche a lui!"
Corse nella sua stanza e scosse il padre di Jeff, svegliandolo, e sussurrò "Caro, presto svegliati! Devi ferma...."
Smise di parlare quando vide Jeff sulla soglia della stanza. Con il coltello in mano.
"Stavi mentendo, mamma."


Liu si svegliò di soprassalto.
Si guardò intorno, ma sembrava tutto tranquillo. Eppure..?
Scrollando le spalle, chiuse gli occhi e cercò di riaddormentarsi.
Appena ad un passo dal sonno, avvertì una strana sensazione. Come se qualcuno lo stesse guardando.
Alzò di nuovo gli occhi. Davanti al suo volto c'era quello completamente tumefatto di Jeff.
Spaventato, cercò di agitarsi e fuggire alla sua presa, ma la paura lo aveva paralizzato.
"Jeff! Io.."
Jeff gli tappò la bocca con una mano, e con l'altra avvicinò il coltello.
"Sshhhhhh...... Torna a dormire, Liu.... Torna a dormire…




Torna a dormire.

16 dicembre 2014

Una grande soddisfazione.

*§* 100.000 VISUALIZZAZIONI *§*






Alla fine è successo.
Sono circa 4 anni che ho creato questo blog, senza troppe pretese, per trattare argomenti che sono spaziati dai racconti horror, alle recensioni, ai creepypasta fino alle amate biografie oscure.. insomma ho semplicemente cercato di trasmettere al mondo i miei interessi e le mie passioni!

Quando ho iniziato non avrei mai immaginato di poter arrivare a questo traguardo. Ci sono stati alti e bassi, restyling, commenti che mi hanno messo in forte difficoltà, mesi (anni!?!) di completa inattività in cui il blog andava avanti di vita propria, proprio come un essere in fin di vita che non accetta di morire e continua a respirare contro ogni probabilità. Ma alla fine sono sempre tornato, non l'ho mai abbandonato del tutto, e per questo ringrazio tutti i fedeli lettori dell'etere e i Fan della Pagina Facebook (siamo quasi 500! altro traguardo in arrivo!!)

Avrete notato che di recente ho cambiato nome al blog ribattezzandolo "IL LIBRO ARCANO" , in questo modo credo di avergli dato una personalità più definita e riconoscibile. (Purtroppo la politica di Facebook non permette un cambio immediato del nome e quindi perchè la modifica sia effettiva anche sulla Pagina Fan dovrò attendere chissà quanto tempo...)

Come ringraziamento vi prometto più continuità nella pubblicazione dei post e... 
- Nuovi Creepypasta trovati e tradotti per voi! 
- Nuove Biografie Oscure (Quella di Rasputin ha avuto un successo incredibile con più di 32.000 visual)
- Nuove Top Ten 
- e perchè no... nuovi racconti originali!

Inoltre c'è un grande progetto a cui sto lavorando di cui ho già accennato sulla pagina Le Foreste di Slender , spero di concluderlo al più presto perchè non vedo l'ora di condividerlo con tutti i lettori del blog!


Ps: se avete piacere e volete sostenere il blog basta che fate click su una delle pubblicità che appaiono in bacheca, si aprirà un link che poi potete chiudere in un attimo.
Pps: sulla vostra sinistra trovate la simpatica faccia di un cagnolino, è la copertina del famoso libro "Tre uomini in Barca" di Jerome K. Jerome, se fate click potete acquistare l'e-book con la mia traduzione di questo divertentissimo romanzo che racconta di tre gentiluomini inglesi alle prese con una gita lungo il Tamigi.
                                         Il viaggio non è ancora finito.. Keep On Dreamin'

25 ottobre 2014

10 Storie vere di CANNIBALISMO - [Top Ten]

Rispolvero il Blog in occasione di Halloween con 10 storie REALMENTE ACCADUTE che comprendono ATTI DI CANNIBALISMO.
Vi faranno passare la fame oppure venire il languorino in bocca... a seconda dei gusti! ;)

 10 - LA SPEDIZIONE DONNER




 Nel 1846 un gruppo di pionieri si avventurò nel Far West scegliendo di passare attraverso una via impervia attraverso le Montagne Rocciose. Dopo aver attraversato un deserto salato lungo 129 chilometri, i pionieri rimasero bloccati a causa di una grande nevicata nel bel mezzo delle montagne tra la California e il Nevada. Era il novembre del 1846.
Per prima cosa mangiarono gli animali che tiravano i carri, poi i loro cani. Finita anche quella carne, in preda alla disperazione, prepararono una zuppa collosa fatta con le ossa bollite e la pelle degli animali morti. Quando arrivò Natale, i pionieri iniziarono a mangiare i corpi dei compagni morti. Nel gruppo vennero lanciate diverse accuse di omicidio o di mancata assistenza verso i compagni moribondi allo scopo che non venisse a mancare carne fresca. Non mancarono atti di cannibalismo tra membri della stessa famiglia. Ormai ridotti allo stremo alcuni bambini arrivarono a mangiare i propri genitori e fratelli.
La prima spedizione di soccorso non arrivò sul posto prima della metà di febbraio del 1847, quasi quattro mesi dopo che la carovana era rimasta bloccata. Solo 48 degli 87 componenti della spedizione riuscirono ad arrivare vivi a Sacramento e la loro storia fece scalpore in tutte le colonie americane.

 9 - I SOPRAVVISSUTI DELLE ANDE



Molti di voi avranno sentito parlare della terrificante storia della nazionale Uruguyana di Rugby che nel 1972 si schiantò con il proprio aereo a quasi 4000 metri di altezza sulle Ande. Senza una radio funzionante o un’idea chiara di dove si trovassero, la speranza di essere salvati erano minima.
A bordo dell’aereo erano presenti 45 persone e pochissime scorte alimentari, tra cui vino e cioccolato. Le 29 persone che sopravvissero allo schianto furono costrette a resistere per 72 giorni a temperature intorno ai -34°, rifugiandosi in un riparo primitivo ricavato dalla carcassa dell’aereo. Una volta finite le scorte alimentari, gli uomini iniziarono, loro malgrado, a cibarsi dei corpi congelati degli amici e familiari morti in precedenza.
Il gruppo si assottigliò anche a causa del freddo e delle malattie e li ridusse allo stremo delle forze. Con l’avvicinarsi della primavera furono tentate diverse escursioni per cercare aiuto e recuperare viveri dai resti dell'aereo che riemergevano dalla neve. Dopo un’estenuate camminata di 10 giorni, alcuni dei sopravvissuti furono avvistati da un contadino cileno che chiamò i soccorsi.
Dei 29 sopravvissuti allo schianto, solo 16 riuscirono a tornare vivi alle loro case. La vicenda venne poi raccontata nel famoso film del 1993, “Alive – Sopravvissuti”.


8 - I CANNIBALI DI JAMESTOWN




La visione idilliaca che i libri di storia ci danno dei Padri Pellegrini non è poi così accurata. Gli archeologi e gli storici erano sempre stati a conoscenza della Grande Carestia che si verificò nell’inverno tra il 1609 e il 1610, in cui i coloni furono costretti a mangiare ratti, gatti, stivali di pelle e anche carne umana. Tuttavia,  fino a poco tempo fa, non era stata rinvenuta alcuna prova concreta che confermasse che questi atti di cannibalismo avessero realmente avuto luogo.
Nel 2013, degli archeologi hanno scoperto in una fossa un grande numero di ossa animali, in mezzo alle quali vi erano anche scheletri umani. Dopo aver analizzato un teschio, furono in grado di affermare che apparteneva a una ragazza di circa 14 anni. Sul suo cranio vi erano segni evidenti che indicavano che qualcuno aveva sfilettato la carne del volto per cibarsene. Anche il cervello ero stato estratto per essere probabilmente consumato.
L’antropologo forense dello Smithsonian che analizzò il reperto scoprì le prove che più di una persona aveva preso parte alla macellazione della povera ragazza. Gli archeologi hanno poi dichiarato il loro sospetto che nella città di Jamestown avrebbero presto altri resti di vittime di cannibalismo.
Nella foto in alto, la ricostruzione del volto di Jane, la giovane ragazza che fu mangiata dai coloni durante l’inverno del 1609.


7 - RICHARD PARKER E LA MIGNONETTE




Mentre i precedenti episodi di cannibalismo avvenirono in situazioni di sopravvivenza estrema, nel caso di Richard Parker seguirono senza dubbio a un omicidio volontario.
La Mignonette salpò dall’Inghilterra nel 1884 alla volta dell’Australia. Dopo due mesi di viaggio la nave naufragò e quattro membri dell’equipaggio (compreso il diciassettenne Richard Parker) riuscirono a mettersi in salvo su una piccola zattera. Diciannove giorni dopo, la situazione era disperata. Il capitano Thomas Dudley propose che Richard, non avendo moglie o famiglia e essendo già gravemente debilitato, fosse sacrificato per permettere la sopravvivenza degli altri.
La mozione fu approvata.
Dudley pugnalò Richard al collo con il suo coltellino e, assieme agli altri due marinai, mangiò la sua carne e bevve il suo sangue.
Furono salvati una settimana dopo. I tre uomini vennero incriminati per omicidio e cannibalismo, ma poi l’opinione pubblica inglese spinse per farli uscire di prigione dopo soli sei mesi.
La triste vicenda di Richard Parker fu di ispirazione per un racconto breve di Edgar Allan Poe del 1838, dove un marinaio omonimo veniva mangiato dai compagni al fine di sopravvivere.

6 - ALFERD PACKER





Nel febbraio del 1874, Alferd Packer  partì insieme ad altri cinque uomini da una cittadina del Colorado, con lo scopo di cercare l’oro nelle montagne Breckenridge. Ad aprile fece ritorno da solo, dichiarando che una tempesta di neve aveva colpito il gruppo, costringendoli a accamparsi. Disse che i compagni erano andati alla ricerca di cibo e non avevano fatto più ritorno.
La storia di Packer risultò molto sospetta. Dopo qualche interrogatorio, il cercatore d’oro ammise che in seguito alla morte di uno dei suoi compagni,  lui e gli altri si erano cibati del suo corpo.  Packer raccontò che in seguito altri tre uomini erano molri a causa del freddo, mentre era stato costretto a uccidere l’ultimo sopravvissuto per autodifesa. Fu messo in prigione con l’accusa di omicidio.
Macabri dettagli emersero nell’agosto di quell’anno, quando venne ritrovato l’accampamento di Packer. Fu subito evidente che nessuno degli uomini era morto per il freddo, ma in seguito a un brutale omicidio. Inchiodato dalle prove, Packer evase di prigione e visse come latitante per nove anni prima di essere catturato. La sua versione dei fatti cambiò ancora: dichiarò che era stato uno dei suoi compagni a uccidere gli altri per la loro carne e a quel punto era stato costretto a ucciderlo per autodifesa. Ciononostante ammise di essere sopravvissuto per i due mesi successivi cibandosi dei loro resti.


5- LA SPEDIZIONE FRANKLIN





Nel 1845 Sir John Frankiln e altri 134 uomini partirono dall’Europa con l’obbiettivo di disegnare la mappe del Passaggio a Nord-Ovest. Con loro avevano scorte di cibo per cinque anni. Quando i resti della spedizione furono ritrovati nel 1850, gli Inuit scoprirono 30 corpi che mostravano segni di cannibalismo. Cosa avvenne in quel lasso di tempo? Non è facile dirlo.
Furono inviate ben tre spedizioni di soccorso da Londra, ma non trovarono alcuna traccia del gruppo di Frankiln fino al 1854. Alcuni Inuit raccontarono di aver incontrato un gruppo di circa 40 bianchi durante l’inverno del 1850 e di avergli venduto carne di balena. Alcuni mesi dopo, gli stessi Inuit trovarono un accampamento dove c’erano i resti di 30 persone e dichiararono: “dallo stato mutilato di molti dei corpi e dal contenuto delle pentole, è evidente che i nostri connazionali sciagurati erano stati cacciati come mezzo per prolungare la propria esistenza."
L’accusa scioccò l’Inghilterra Vittoriana. Nel 1859 un’altra spedizione recuperò finalmente i corpi e fu dichiarato che tra le cause di morte non fu solo l’inedia e lo scorbuto, ma anche avvelenamento da piombo, derivato dalle lattine di cibo che gli esploratori avevano utilizzato.

 4 - L'ASSEDIO DI LENINGRADO







Durante la Seconda Guerra Mondiale i nazisti cinsero d’assedio e  bombardarono la città di Leningrado per quasi tre anni consecutivi, portando alla morte l’incredibile cifra di un milione di russi. I rifornimenti di cibo furono interrotti per 900 giorni, facendo lentamente morire di fame i civili bloccati nella città.
Per anni, le autorità russe negarono che durante l’assedio fossero avvenuti casi di cannibalismo. Ma dopo la caduta dell’Unione Sovietica venne scoperta la verità. Gli abitanti di Leningrado avevano a disposizione solo una misera razione giornaliera di pane (pochi grammi). Pur sopravvivere arrivano a cibarsi di colla, vaselina, cuoio bollito e le pellicce dei loro giacconi. Successivamente nacquero delle vere e proprie bande di spietati criminali che cercavano di mettere le mani su qualsiasi tipo di carne. I cittadini si allearono per combattere queste squadre di cannibali. In quegl’anni 260 persone furono arrestate per aver mangiato carne umana e i genitori avevano l’abitudine di far rientrare a casa i figli dopo il tramonto per impedire che fossero rapiti per la loro carne. 


 3 - LA SPEDIZIONE GREELY





Il tenente Adolphus Greely e altri 25 uomini salparono da Newfoundland nel 1881 per una spedizione alla scoperta dell’Estremo Nord. Il loro obbiettivo era quello di raccogliere dati scientifici che sarebbero serviti a conoscere meglio quella regione sconosciuta, e naturalmente battere gli esploratori Britannici nella corsa verso i confini del mondo.  
I dati vennero raccolti senza intoppi, ma quando la nave di recupero non si presentò al punto di ritrovo concordato nel 1882 e neppure nel 1883, la situazione iniziò a precipitare.
Greely ordinò agli uomini di salpare verso il mare aperto, dove avrebbero potuto recuperare delle scorte alimentari a Cape Sabine. Il piano non funzionò e li portò in una zona ancora più desolata del Canada, molto più fredda e inospitale della prima. I membri della spedizione iniziarono a morire uno dopo l’altro, diventando cibo per i propri compagni. Quel che accade fu rivelato dai sette sopravvissuti che vennero ritrovati nel 1884.
Nonostante lo sgomento di tutti, gli uomini che vennero salvati si mostrarono orgogliosi delle loro azioni e non mancarono di scaricare tutte le colpe sulle persone responsabili del mancato recupero della loro spedizione. 



 2 - LA BALENIERA ESSEX







Tutti conosciamo la storia di Moby Dick, ma pochi sanno che qualcosa di simile accadde alla baleniera Essex che salpò per il Pacifico nel 1820. Durante la navigazione, un enorme capodoglio attaccò la nave, costringendo i 20 marinai a bordo a scappare su tre scialuppe. Le scorte che riuscirono portarsi dietro comprendevano una piccola razione di acqua e biscotti. Le scialuppe andarono alla deriva per 90 giorni, gli uomini iniziarono a bere la loro urina e mangiare gli organi interni dei compagni deceduti.
Otto marinai sopravvissero e furono trovati nelle due scialuppe rimanenti, circondati da ossa e scarti umani. Tra di loro c’era anche il capitano, George Pollard Jr. nativo di Nantucket, che partecipò all’uccisione e cannibalizzazione del suo stesso cugino. Il ragazzo infatti, era stato prescelto come sacrificio umano per sostenere gli altri marinai.
L’anno successivo, il Capitano Pollard decise di imbarcarsi su un’altra nave che a sua volta naufragò. Fortunatamente i marinai furono salvati prima che arrivassero al cannibalismo. Pollard decise di ritirarsi per diventare un guardiano del faro. 



1 -I NAUFRAGHI DOMENICANI




Concludiamo l’articolo con una storia dei giorni nostri, Nel 2008 un gruppo di Domenicani partì alla volta del Porto Rico per cercare migliori condizioni di vita. 33 profughi salparono per un viaggio di 257 chilometri a bordo di un peschereccio, che ben presto si fermò a causa di un malfunzionamento meccanico. I passeggeri erano indecisi sul da farsi e quasi tentati di tornare indietro ma il capitano decise di continuare il viaggio. La barca andò alla deriva in mare aperto per sei giorni, finché non ci fu la prima vittima. Quella notte il capitano scomparve (forse fu gettato in mare da un passeggero o si tuffo in un disperato tentativo di cercare aiuto).
Gli uomini e le donne a bordo iniziarono a morire. Dopo due settimane in mare, 27 dei 33 passeggeri erano  morti per la fame e la disidratazione. I cinque sopravvissuti decisero di tagliare alcuni pezzi di carne dalle gambe e dal torace dell’ultimo uomo che era morto. Ne presero dei piccoli bocconi e li inghiottirono come fossero pastiglie.
Non furono costretti ad altri atti di cannibalismo perché furono ritrovati il giorno dopo dalla Guardia Costiera degli Stati Uniti. Nella foto il sopravvissuto che rilasciò la disturbante dichiarazione secondo cui la carne umana avesse un sapore molto simile a quella di mucca.




 Ne avete avuto abbastanza miei sadici lettori?