29 gennaio 2011

A Short Story (4) : Racconti Horror in 2000 battute

Recentemente ho accettato la sfida di scrivere un racconto Horror in sole 2000 battute (comprensive di caratteri, punteggiatura e spazi) per un concorso indetto dalla rivista Writers Magazine per creare un'antologia di racconti di autori esordienti e non intitolata "365 racconti horror per un anno"...
Vi assicuro che la selezione è ancora molto serrata e si avvia verso la conclusione.... in ogni caso ecco 3 dei racconti che ho mandato e che purtroppo non sono stati scelti ma che comunque mi sono divertito molto a scrivere..



1 -  “IL suo peggior incubo”


   Buio.
   Dove sono? La testa gli pulsa e gli arti sono intorpiditi. É confuso. Prova ad alzarsi ma sbatte la testa contro qualcosa; allunga le mani nell’oscurità: una superficie liscia e fredda.
   Cerca nella tasca. No, non può essere successo. Trova una scatola di fiammiferi, ne accende uno: il suo più grande incubo si è avverato.
   Tutti sapevano della sua malattia, aveva preso delle precauzioni per evitarlo. Forse è soltanto un sogno. Il primo fiammifero gli scotta il dito, allora è tutto vero: è stato sepolto vivo.
   Torna l’oscurità. Deve rimanere calmo e pensare. Accende il secondo fiammifero; quanti gliene rimangono? Solo altri due.
   Non riesce a ricordare l’ultima cosa che ha fatto, incomincia ad agitarsi e a sudare. L’aria è limitata, lo spazio è piccolo. Calmo.
   Gli appare un’immagine, poi ricorda. Era andato all’estero per lavoro. Certo, lì nessuno sapeva.
   Chiama aiuto con forza. Nessuna risposta.
   Batte i pugni sul coperchio della bara. Nessun movimento.
   Chissà da quante ore è lì dentro. Il suo respiro sta aumentando, gocce di sudore freddo gli scendono dalla fronte. L’aria si consuma in fretta, l’orologio della morte ha già cominciato il suo conteggio a ritroso. Di nuovo buio.
   Ora ha paura.
   Incomincia a dimenarsi e a sbattere gambe e braccia. Ogni secondo che passa, sente un cappio stringersi sempre più al suo collo. Quanti metri sotto terra si trova?
   Accende il fiammifero. Con una mano si mette a grattare la bara, disperato. Urla, ma nessuno lo può sentire. Quando si staccano tutte le unghie della mano destra, usa la sinistra.
   Buio.
   Le mani gli sanguinano; sente formarsi dei lividi sulle ginocchia e sulla testa, dove ha colpito con violenza la sua prigione di legno. Ha il fiatone. Gli rimane un solo fiammifero.
   S’immagina morto, con i vermi che lo divoravano lentamente. Accende l’ultimo fiammifero.   Chiede perdono per i suoi peccati.
   Lascia cadere la fiamma sul petto. Gli hanno spruzzato del profumo addosso, prende subito fuoco.
   Cenere alla cenere. 






2 -“la scorciatoia”
  

   Jack fissò la cancellata di ferro battuto: e se avesse tagliato per il cimitero? Non amava percorrere quella strada di notte, ma era in ritardo e così avrebbe guadagnato qualche minuto. Prese coraggio e scavalcò il muretto.
   Faceva freddo e una nebbia perlacea aleggiava a mezz’aria; file di lapidi coperte di muschio fiancheggiavano il sentiero, in alcune la terra sembrava smossa da poco.
   Alberi antichi allungavano i loro scheletrici rami sulla sua testa, filtrando la luce della luna creavano spaventose figure sul terreno.
   Jack camminava guardandosi attorno nervosamente; quando in lontananza vide una luce tremolante. Ne fu inspiegabilmente attirato.
   C’era qualcuno vicino alla fiammella: un essere gobbuto scavava ammucchiando la terra affianco a una tomba. Avrebbe voluto scappare ma era paralizzato.
   «Che diavolo sta facendo?»
   Il vecchio lo guardò con gli occhi sbilenchi e indicò un telo disteso sul prato: teschi e ossa umane erano buttate una sopra l’altra a formare una macabra montagnola di resti umani. I vermi si contorcevano spuntando dalle orbite, banchettando con i pezzi di carne decomposta.
   Il ragazzo provò a urlare, ma l’orrore gli stringeva la gola togliendogli il respiro. L’essere esplose in una risata mostrando la bocca sdentata e gialla, poi disse:
   «Vieni con me!» e allungò la mano ad artiglio verso di lui.
   Jack uscì dal torpore che lo inchiodava a terra e si mise a correre all’impazzata.  La nebbia gli impediva di vedere dove metteva i piedi; urtò un angelo di pietra col viso scheggiato, ma non si fermò. Le ombre delle lapidi e degl’alberi sembravano protendersi verso di lui, per afferrarlo e riportarlo indietro; la risata dell’odioso essere gli echeggiava ancora nelle orecchie.
   Arrivò al fondo del cimitero e si arrampicò sul muro. Prima di scendere guardò nelle tenebre che si era lasciato alle spalle: la fiammella danzava fioca in mezzo alla nebbia, un rumore sordo indicava che il trafugatore di ossa si era rimesso al lavoro. 





3 - “il composto del dr kenran”

   Henry seguì il Dr Kenran nei meandri della Facoltà di Chimica; dal sacco che portava sulle spalle giungevano gemiti soffocati: l’effetto del sonnifero era quasi svanito.
   Entrarono in una stanzetta buia e la sua faccia fu investita da un forte odore di zolfo; ai lati del laboratorio torreggiavano scaffali ricolmi di ampolle allungate riempite di strani liquidi, becher fumanti e barattoli ripieni di disgustosi organi conservati in formalina. Al centro della stanza c’era un lettino di metallo da cui pendevano delle cinghie di cuoio molto usurate. Il Dottore avvicinò un carrello su cui erano stati disposti accuratamente degli strumenti chirurgici.
   «Ora fallo sdraiare e legalo. Più stretto che puoi»
   Il giovane posò cautamente il corpo sul lettino; in quel momento fu colto dal dubbio.
   «Dobbiamo proprio farlo? Avrà appena otto anni!»
   «Ci serve un bambino in tenera età, lo sai bene. Ricorda che lo facciamo in nome della scienza»
   Mentre il Dottore s’infilava i guanti di lattice, i suoi occhi scintillavano d’eccitazione; il bambino era ancora intontito e si sforzava di aprire le palpebre pesanti. Senza esitazione, Kenran incominciò a incidere la cute della testa con un bisturi; Henry teneva premuto un bavaglio sulla bocca del piccolo per evitare che le sue terribili urla fossero udite.
   Dopo aver segato la calotta cranica, estrasse il cervello e lo mise in un grosso filtro Büchner. Gli occhi del bambino fissavano il soffitto, senza più vita.  
   Con un ticchettio ritmico, delle gocce grigiastre incominciarono a cadere sul fondo del cilindro graduato: il liquido cerebrale era l’ultimo componente del miracoloso composto del Dr Kenran.
   Un’ora dopo, mentre uscivano dal laboratorio, il Dottore appoggiò la mano sulla spalla del suo giovane apprendista.
   «Sei stato bravo stasera. Ancora tre volontari e avremo liquido a sufficienza»
   «Grazie, mio Maestro»
   «Ora va a letto e riposa. Ci rivedremo domani mattina a lezione» 
   Aprì la bocca in un ghigno agghiacciante e poi sparì nelle aule di chimica.





Spero che i racconti vi siano piaciuti! Quale dei 3 preferite??
 Lasciate un commento!!!

-KeepDreamin'- 

Nessun commento:

Posta un commento